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Dal Conflitto alla Leadership: Potenziare Giovani e Donne per una Pace Sostenibile. Stiamo davvero facendo progressi o stiamo semplicemente riciclando vecchie pratiche escludenti con nuovi slogan?

  • Immagine del redattore: Zeudi Liew
    Zeudi Liew
  • 29 gen
  • Tempo di lettura: 3 min

Quanti di noi ricordano il conflitto decennale in Nepal e il complesso processo di costruzione della pace che ne seguì?

Per oltre dieci anni, il paese è stato travolto da una brutale guerra civile che ha causato più di 13.000 morti, sfollato migliaia di persone e devastato intere comunità. L'Accordo di Pace Globale (CPA) del 2006 pose fine alle violenze, ma diede anche inizio a una nuova sfida: costruire una società democratica e inclusiva dalle macerie del conflitto. Al centro di questo processo c’erano anche i giovani e le donne emarginati del Nepal—soprattutto quelli appartenenti ai gruppi più poveri, vulnerabili ed esclusi—che avevano sofferto il peso maggiore del conflitto e, tuttavia, continuavano a essere esclusi dalle decisioni chiave per il futuro del paese.


Nepal: zone rurali colpite dal conflitto- foto scattata nel 2008
Nepal: zone rurali colpite dal conflitto- foto scattata nel 2008

Quando ho contribuito all’iniziativa "Women and Youth as Pillars of Sustainable Peace", la missione era chiara: dare potere a questi gruppi spesso dimenticati affinché potessero giocare un ruolo attivo nel plasmare il futuro della nazione. Il programma nacque come risposta alle profonde disuguaglianze strutturali e all'esclusione sistemica che avevano alimentato il conflitto. Donne e giovani appartenenti a comunità come i Dalit, i Madhesi, gli ex-lavoratori in schiavitù, le minoranze religiose e le vittime di violenza sessuale e politica affrontavano ostacoli persistenti alla loro partecipazione nei processi politici e sociali. Il loro coinvolgimento non era solo una questione di giustizia, ma una necessità per costruire una pace sostenibile ed equa.


Il programma si sviluppava su tre livelli fondamentali:

  • A livello comunitario, rafforzare la capacità delle donne e dei giovani più vulnerabili affinché potessero prendere parte ai processi di pace e di governance politica.

  • A livello istituzionale, rafforzare le reti della società civile locale per sostenere i diritti dei gruppi emarginati.

  • A livello politico, influenzare i decisori affinché queste voci fossero integrate nella nuova Costituzione del Nepal e nei quadri politici più ampi.

Questo approccio su tre livelli colmava il divario tra le realtà di base e il processo decisionale nazionale, assicurando che coloro che avevano sofferto di più potessero anche essere parte della soluzione.


Per raggiungere questi obiettivi, il programma ha adottato strategie innovative che rimangono rilevanti ancora oggi:

  1. Creazione di Centri per la Pace:Abbiamo istituito quattro Peace Centers nelle aree più colpite dal conflitto, che sono diventati spazi sicuri per il dialogo, la guarigione e l’attivismo comunitario. Qui si offrivano risorse sull’educazione civica, la costruzione della pace e la risoluzione dei conflitti, oltre a servizi di supporto psicosociale.

  2. Formazione di Ambasciatori di Pace e gruppi comunitari:Abbiamo formato 100 Ambasciatori di Pace, giovani leader che hanno mobilitato centinaia di gruppi locali per promuovere la partecipazione delle donne e dei giovani alla vita politica, sfidare la discriminazione di casta e contrastare la violenza di genere.

  3. Supporto psicosociale e mediazione:Consapevoli dell’enorme trauma lasciato dalla guerra, il programma ha formato consulenti psicosociali e mediatori di comunità per offrire sostegno alle vittime del conflitto e prevenire nuove tensioni.

  4. Advocacy e coinvolgimento dei media:abbiamo connesso le voci della comunità con quelle delle istituzioni, cambiando la narrazione per amplificare il messaggio delle comunità più vulnerabili e fare pressione sulla politica.


Visitando gruppi indigeni
Visitando gruppi indigeni

Quante volte dobbiamo imparare le stesse lezioni prima di cambiare veramente il nostro approccio alla costruzione della pace? Nonostante l’evoluzione dei conflitti—che oggi includono instabilità politica, migrazioni forzate dovute al clima e nuove minacce alla sicurezza—ci sono pilastri fondamentali della pace sostenibile che continuiamo a ignorare o dimenticare.


Il ruolo della leadership locale, il bisogno di dare spazio a giovani e donne nei processi decisionali, il sostegno psicosociale e la mediazione dei conflitti non sono scoperte recenti. Erano centrali nel nostro lavoro allora e lo sono ancora oggi.

Eppure, ci troviamo intrappolati negli stessi vuoti: i giovani, gli adolescenti, i bambini e le donne continuano a essere emarginati, i meccanismi di protezione sono sottovalutati e sottofinanziati, e gli sforzi di peacebuilding spesso non riescono a includere veramente coloro che sono stati più colpiti dal conflitto. Stiamo davvero facendo progressi o stiamo semplicemente riciclando vecchie pratiche escludenti con nuovi slogan?


Bambini e anziani in zone marginalizzate del Nepal
Bambini e anziani in zone marginalizzate del Nepal

La Strategia YPS 2024-2026 ci offre l’opportunità di applicare queste lezioni su scala globale, ma solo se smettiamo di trattare i giovani e i gruppi emarginati come un elemento accessorio. Dobbiamo investire in soluzioni a lungo termine, guidate dalle comunità locali, che colleghino il lavoro di base con le politiche nazionali e internazionali.

La costruzione della pace non può essere solo una firma su un accordo formale: deve essere una partecipazione reale, inclusiva e trasformativa.

Dunque, la vera domanda è: prenderemo finalmente queste lezioni e spezzeremo il ciclo? O continueremo a reinventare la ruota, lasciando indietro proprio coloro che avrebbero più bisogno di essere ascoltati?

La scelta è nostra.


 
 
 

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