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  • Immagine del redattoreZeudi Liew

Diario Gazawi: mantenere viva la memoria

Per chi non ha mai vissuto la guerra, non c’è una memoria personale da condividere, ma tantissimo si può apprendere ascoltando e leggendo chi l’ha affrontata. Le prime esperienze di guerra ci giungono spesso dai libri di storia, mentre i media e i reportage giornalistici ci offrono solo scorci distaccati di conflitti in corso.

In questo panorama, l'esperienza diretta della guerra è raramente qualcosa che possiamo o vogliamo raccontare. Eppure, i diari e i quaderni, sia del passato che del presente, si rivelano finestre aperte su vite stravolte dalla violenza, catturando voci ed emozioni che la storia stessa fatica a trasmettere.

I diari, solitamente intimi e riflessivi, vengono scritti per l'autore stesso, la sua introspezione, ma il loro scopo può variare: talvolta fungono da strumento terapeutico, altre volte diventano un testamento per le generazioni future.


Prendiamo ad esempio il blog "It's Ruba from Gaza", scritto da Ruba Akkila dopo il 7 ottobre, una cronaca vivida della sua vita e di quella della sua famiglia. Le motivazioni che spingono Ruba a scrivere sono profonde e urgenti: mantenere viva la memoria affinché gli orrori della guerra non si ripetano mai più e umanizzare le storie di innumerevoli palestinesi le cui vite, dignità e cultura sono in pericolo.

Ruba si sforza di andare oltre i numeri che ci anestetizzano, risvegliando la nostra empatia e coscienza, ricordandoci che i civili non sono semplici statistiche. In un conflitto in cui l’accesso ai media è limitato e il peso della verità ricade su giornalisti palestinesi che rischiano ogni giorno la vita, questi scritti diventano un tesoro inestimabile. Resta da vedere se il blog di Ruba e altri simili contribuiranno a costruire una memoria collettiva libera dai vincoli del potere e della politica. Quello che sappiamo è che il processo di registrazione della memoria, sia individuale che collettiva, è iniziato, catturando esperienze, immagini e ricordi di quello che può essere descritto solo come un genocidio.


Il blog di Ruba è stato trasformato in un monologo, rappresentato in un teatro italiano vicino a Roma e in un campus universitario di Pisa, sostenuto da artisti e studenti impegnati nel movimento pro-Palestina. Ruba è nata e cresciuta a Gaza, dove ha trascorso la maggior parte della sua vita. Ha accumulato oltre 20 anni di esperienza con organizzazioni umanitarie internazionali, concentrandosi sui diritti dei bambini e sulle questioni di genere nella Striscia di Gaza e nella regione del Medio Oriente e Nord Africa (MENA).

Vorrei lasciarvi con la prefazione che le ho dedicato:

Ruba ha all'incirca la mia età, ma vive un'esistenza completamente diversa. Ruba non si è mai piegata; ha sempre cercato la libertà. Una libertà simile al mare che osservava dalla finestra, in alto in un palazzo di Gaza—un mare che le parlava di orizzonti senza confini, proprio come il suo amore per i gatti, quegli spiriti liberi.

Il 7 ottobre, la sua vita è cambiata di nuovo, ma questa volta è accaduto l’inimmaginabile. Ruba vive, sopravvive, senza sapere se vedrà il giorno dopo. Nel caos, nella paura e nel dolore, tra le macerie di un’umanità in via di estinzione, Ruba non smette mai di raccontare la verità, denunciando l’ingiustizia, lottando con parole e piccoli gesti.

Ha scritto un blog che è stato censurato, ma grazie all’aiuto di donne e colleghe oltre i confini, è stato tradotto, letto e condiviso. Io sono una di quelle donne che, oltre a amare una terra chiamata Palestina, sono orgogliosa di conoscere il suo popolo, specialmente Ruba. Sostengo la sua causa e mi sento come sua “sorella” nella ferma convinzione per la libertà, la dignità e i diritti di tutti


Se sei interessato a leggere il blog clicca qui e scrivimi se vuoi portare in tour le letture.


Z.L.

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