Mi ci è voluta un'intera settimana per trovare le parole per questo articolo, una settimana per affrontare l'orrenda realtà che si sta svolgendo come un dramma senza fine nel conflitto Israelo-Palestinese. Per chi ha dedicato una vita all'opera umanitaria, questo deja-vu è un pugno nello stomaco.
I miei pensieri si dirigono a tutti i civili, ma si soffermano, con un peso insopportabile, su quelle giovani anime - i giovani dai sogni luminosi, gli adolescenti speranzosi, e i bambini indifesi, di entrambe le parti. Questi pensieri volano in alto, attraversando le frontiere del tempo, abbracciando generazioni vicine e lontane.
Penso ai giovani palestinesi, cresciuti in una prigione all'aria aperta, dove le sbarre sono non solo fisiche ma anche mentali e sociali. Giovani condannati a una vita di violenza perpetua inflitta dal governo israeliano e dai coloni, rinchiusi in zone designate, dove ogni loro movimento è osservato, dove il controllo serrato sull'acqua e l'energia li costringe all'oscurità, alla morte. La Palestina in cui l'istruzione e l'assistenza sanitaria per molti sono meri lontani ricordi, contrapposti ad un vivo presente fatto di dignità e diritti negati, invisibili.
E’ proprio l’invisibilità l’acerrimo nemico dei giovani palestinesi. Perché se ci affacciamo al di là del muro, ci sono i giovani israeliani, cresciuti con l'eco monolitico di una "vittoria decisiva" e "pace attraverso la forza" per oltre due decenni. Giovani che hanno vissuto nell'ombra di un nemico che non hanno mai conosciuto, poiché fatto svanire dalla storia, dalle cartine geografiche e persino dalle previsioni meteo.
Da una parte, un mondo dominato da un conflitto incessante, una realtà aberrante fatta di abusi e soprusi, dove la pace sembra una chimera inimmaginabile; dall'altra, una vita così distante dal conflitto al di là del muro da apparire quasi irreale. Il fatto sta, che entrambe le parti sono state spogliate del sogno di una vita senza conflitti.
La nostra responsabilità grava ora sulla prossima generazione - un'intera generazione privata del futuro e della vita. Spetta ai governi e alla politica plasmare una cultura di pace, risolvere i conflitti invece di gestirli , mitigarli.
Da una nazione, Israele, che un tempo parlava di pace e ispirava i giovani a coltivare l'armonia, i governi di destra hanno consegnato alle generazioni più recenti un'etica che vede il dialogo , la condivisione e l’accoglienza come debolezza e "l'altro" come un nemico eterno. È un'etica che innalza la guerra al di sopra delle vite umane. Questo ciò che sta accadendo.
Questa narrazione, purtroppo, non è circoscritta a un unico luogo; è una macchia che si estende in molti angoli del mondo, dove "l'altro" è disumanizzato, isolato, dipinto come un nemico. Quando violenza, disuguaglianza e povertà vengono coltivate attraverso la negazione dei diritti, delle opportunità e della dignità, che tipo di futuro stiamo preparando?
Le Convenzioni di Ginevra e le Leggi Umanitarie furono ideate con uno scopo ben preciso: prevenire che l'aspetto più oscuro dell'umanità sprofondasse nell'abisso e proteggere la vita dei civili, soprattutto dei più vulnerabili, i bambini. Eppure, oggi, quelle leggi sembrano fragili, la loro santità offuscata da violazioni, impunità, disumanità e interessi politici. Risoluzioni vitali per la pace si spengono lentamente, vittime di un meccanismo arrugginito controllato dai potenti, a dimostrazione di come il sistema non sia più idoneo a garantire la pace nell'epoca attuale.
Abbiamo fallito nel mantenere i principi, il rispetto per la legge e la protezione dei civili - tutto ciò che ci rende umani. Abbiamo tradito e abbandonato gli operatori umanitari, i colleghi, gli amici, i medici, i bambini, i feriti, i malati, i disabili e le donne. In ogni luogo, in ogni circostanza, la tutela dei civili è prioritaria.
Come estremo tentativo, ci dobbiamo appellare alla coscienza collettiva, la nostra ultima speranza. Resettare la narrazione intorno alla guerra e alla pace, alimentare una rivoluzione dell'informazione e dei valori che superi la propaganda, forse una voce, coscienza collettiva può scongiurare stragi imminenti, crimini di guerra e pulizie etniche. Forse ci ritroveremo tutti, dando un senso alla nostra storia.
Non dimentichiamoci mai da dove veniamo, e dove stiamo andando, e non dimentichiamo mai, indipendentemente dalla geografia, di continuare a credere nei principi, nel rispetto dei diritti umani e delle leggi umanitarie, questi valori che ci uniscono, legando la nostra umanità condivisa.
Una generazione. Un sogno. L'essenza dell'umanità.
Comments